Chi non ricorda “Star Trek” e il Capitano Kirk che utilizza un dispositivo definito “traduttore universale” per comunicare con una forma di vita aliena?

Artificial Speech Translation

Un articolo inerente la traduzione simultanea comparso nel 2019 su “The Guardian” sottolineava, una volta ancora, la limitatezza delle risorse di intelligenza artificiale, AI (artificial intelligence), rispetto alla possibilità di fornire risultati soddisfacenti nella traduzione istantanea di testi orali.

Semplificando per chi non è del mestiere, tradizionalmente la traduzione si differenzia dall’interpretazione per vari motivi, tra cui la forma e il momento della fruizione. Proprio per questi motivi, nell’accezione tradizionale non ha senso parlare di traduzione simultanea.

Tutta questa premessa serve a spiegare che, difficilmente, le due pratiche si intersecano:  la traduzione è scritta e differita, l’interpretazione orale e immediata.

Una minaccia per traduttori e interpreti?

Ciò che l’artificial speech translation riesce a fare, invece, è utilizzare un approccio inclusivo per fasi che riunisce le diverse pratiche e tecnologie, alcune mature altre meno, segnatamente:

  • una prima fase in cui un software di riconoscimento vocale ascolta e trascrive il testo orale di partenza;
  • una seconda fase in cui piattaforme dotate di intelligenza artificiale “comprendono” il testo trascritto e lo traducono in maniera automatica riproponendo all’utente la traduzione così ottenuta.

Risultati in questo senso sono già fruibili. Utilizzando la prima delle due fasi descritte, è possibile creare sottotitoli per chi ha problemi di udito nella lingua di chi parla. La tecnologia è già disponibile su YouTube.