Quando leggo proclami sulla parità di genere in cui si sbandiera che le donne sono migliori degli uomini mi sorgono dei dubbi: queste persone pensano che viviamo in una società di soli uomini, nella quale essere donna è qualcosa di insolito?

Sono una donna e sono contenta di esserlo.

Quando, ormai più di 20 anni fa, ho iniziato il mestiere di ingegnere, mi sono imposta delle regole con le quali ora convivo in modo molto sereno e che mi fanno vivere tranquillamente la mia professione. Quali? Essere fedele alla mia professione, rispettare il Codice Deontologico, non pestare mai i piedi a nessuno, studiare, collaborare costruttivamente con tutti i colleghi.

Ho dovuto cercare il mio spazio talvolta copiando dagli uomini. Pur tuttavia non ritengo che questo sia qualcosa di negativo. Ho colto il loro essere pratici, dritti e a tutto ciò ho aggiunto il mio essere donna.

Sembra bizzarro che un Consiglio Nazionale debba prescrivere che in posizioni direttive debbano esserci delle donne. Eppure esistiamo viviamo, mangiamo, ridiamo, piangiamo come gli altri individui in questo mondo.

Ogni creatura in questa realtà ha il suo senso.

Ma perché, mi chiedo, una mela deve essere a tutti i costi uguale ad una ciliegia? Sono entrambe saporite, contraddistinte da un proprio gusto e sono buone così come sono.

Se un essere umano vorrà comportarsi come un altro, ottimo, sarà una scelta,  ma non dovrà essere un’imposizione.

Sono una donna che fa l’ingegnere.

Quando nei luoghi di lavoro dapprima mi chiamano ingegnere e poi scappa il “signora” sorrido in modo amorevole.

L’altro giorno mi è proprio successo così. Il direttore di un’azienda mi ha chiamata “signora” e, vedendo i miei occhi sorridere (ebbene sì attraverso la mascherina visto il periodo), si è scusato.

La mia reazione è stata quella di rassicurarlo che il mio “essere ingegnere” non dipende certo dall’essere chiamata ingegneressa, ingegnera o signora.

Come è finita? Che quel direttore è stato molto gentile con me e si è fatto in quattro per chiedermi se avessi avuto bisogno di supporto per terminare la mia attività.

In più ho ricevuto, nella stessa azienda, un’altra premura. Talvolta negli stabilimenti il mio mestiere mi porta ad andare in giro con un carrello sul quale appoggio varie strumentazioni. Ebbene un lavoratore mi ha avvitato tutti i bulloncini che si erano allentati. Lo ha fatto perché sono una donna? Forse sì, ma io gli sono grata. Ho ricevuto una gentilezza. Non mi sono sentita da meno di nessuno perché mi hanno avvitato dei bulloncini. Certo che sono in grado di farlo da me, ma questo non significa che essere donna voglia dire non accettare una semplice gentilezza.

Facciamo attenzione che di diversità di genere ce ne parlano le UNI EN 11228, semplicemente basandosi sul fatto che la struttura dei maschi e quella delle donne sono differenti. Qui sì che c’è differenza di genere: è qualcosa di naturale, altrimenti saremmo tutti uguali, dei robots e dove sarebbe la bellezza della differenza?

Più che indugiare sulle diversità tra donne/uomini/transgender, secondo me, ci si dovrebbe soffermare sulla differenza di comportamento, di essenza, in quanto il rispetto delle regole viene prima di tutto ed esula dal genere.

L’essere “creature ingegneri” significa sentirsi ingegneri in ogni parte della nostra natura rimanendo ciò che siamo, poiché nella diversità si cresce e si amplificano le proprie conoscenze